Atmosfere intime e sonorità avvolgenti, un’occasione perfetta per celebrare il presente e il passato della band toscana
Si è chiuso a Torino il tour Intimo Sexy! Elvis a Teatro, che ha portato la band di Montepulciano in giro per i teatri delle maggiori città italiane a offrire il proprio repertorio quasi trentennale in una nuova veste, più intima – come suggerisce il titolo del tour – e allo stesso tempo psichedelica, ma anche un po’ glam rock.
«Noi siamo i Baustelle, siamo sempre stati intimi e sexy, quindi nulla di nuovo», ci tiene a puntualizzare Francesco Bianconi dopo i primi due pezzi, Amanda Lear e L’amore è negativo; poi continua: «con questo tour volevamo arrivare in modo più intimo e preciso nei vostri cuori». In effetti, la sensualità si percepisce nell’aria. Sarà la cornice del Teatro Colosseo che contribuisce a creare un ambiente più raccolto e silenzioso, saranno gli arrangiamenti morbidi e le luci calde. Qualunque cosa sia, chiudendo gli occhi, sembra quasi di trovarsi seduti al bar di un night club, a scambiarsi confidenze inconfessabili.
Il concerto si divide in tre parti: nella prima la band è al completo e, dopo i due brani d’apertura citati poco fa, vengono suonati alcuni pezzi pescati da tutto il repertorio – compresi gli album meno recenti –, come Martina, Betty, Il Vangelo di Giovanni e una versione molto toccante di Alfredo – canzone dedicata alla tragedia di Alfredo Rampi, il bimbo che nel 1981 cadde in un pozzo artesiano nelle campagne di Frascati –. Chiude questo primo atto Il Regno dei Cieli, brano contenuto nell’ultimo album, Elvis, uscito proprio l’anno scorso. Poi, cala il sipario.
Dopo qualche minuto di attesa, le pesanti tende rosse del Colosseo si riaprono per restituirci uno scenario nuovo: la batteria non c’è più, ci sono solo quattro sgabelli occupati da Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi, Lorenzo Fornabaio e Claudio Brasini; dietro di loro, quattro specchi ne riflettono l’immagine di spalle: «È come suonare nelle vostre camerette, più o meno», scherza il cantante. Questa parte è dedicata a un medley dei pezzi più famosi della band toscana – Le rane, La guerra è finita, Gli spietati, Un romantico a Milano – ed è un po’ più dinamica della precedente. Infatti, se prima il pubblico si era limitato a canticchiare le parole restando seduto, ora i più audaci si alzano e cominciano a ballare sul posto, seguiti a ruota dai più timidi e titubanti. Nonostante questo, si mantiene il clima soffuso, complice anche la scelta dei giochi di luce, in perfetta sintonia con la poetica dei testi che trattano di temi esistenziali, sentimentali e sociali, arricchiti da un linguaggio ricercato ed evocativo. Come per la prima parte, anche questa si chiude con due brani dell’ultimo disco: Jackie– che di giorno è lui, di notte è lei – e Contro il mondo. Ancora una volta, sipario.
C’è chi si prepara al gran finale e si precipita sottopalco. Così, quando l’ultima parte dello show ha finalmente inizio, dalla prima linea sono già pronti a cantare a squarciagola La canzone del riformatorio; nel teatro rimbomba la domanda: «Cos’è che ci rende prigionieri?». A questo punto la dimensione intima viene un po’ meno, lasciando il posto a un concerto rock nel senso più tradizionale del termine. Ed eccoci alla fine, con l’ultimo pezzo della scaletta, il più famoso e iconico dei Baustelle: Charlie fa Surf.
Prima di lasciarsi andare ai ringraziamenti, Bianconi afferra un foglio per ringraziare una per una – facendo nomi e cognomi – tutte le maestranze che hanno lavorato alla realizzazione del tour. Un gesto di profonda gratitudine, che non è passato inosservato. Poi, di nuovo si chiudono i tendaggi, per questa volta non riaprirsi più.
Le luci si spengono, usciamo dalla sala con il cuore pieno e con la sensazione di esserci appena destati da uno di quei sogni da cui non vorremmo svegliarci mai. I Baustelle ci hanno sedotti di nuovo, con la forza e la dolcezza – con “l’amore e la violenza” – della loro musica.