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Guglielmo profeta in patria

Non poteva che essere Willie Peyote a inaugurare la decima edizione del Flowers Festival di Collegno. Uno show energico, sentimentale, un abbraccio continuo al pubblico di fedelissimi e ai tanti amici che si sono avvicendati sul palco per festeggiare, con un paio di mesi di anticipo, il suo quarantesimo compleanno. Una piccola delegazione del gotha della musica torinese, come Pugni, Anna Castiglia, Samuel e Max Casacci dei Subsonica, oltre a Fulminacci e Maurizio Carucci degli Ex-Otago


Com’era il mondo 40 anni fa? Alla radio imperversava il capolavoro collettivo e solidale We Are the World, mentre sulle nostre frequenze ci si trastullava con la decisamente meno impegnata L’estate sta finendo dei Righeira. Al cinema Robert Zemeckis pescava il jolly della vita con Ritorno al futuro, mentre al Wembley Stadium di Londra e al John Fitzgerald Kennedy Stadium di Philadelphia centinaia di migliaia di persone assistevano al leggendario Live Aid organizzato da Bob Geldof e Midge Ure. Al Quirinale, il “picconatore” Francesco Cossiga prendeva il testimone da Sandro Pertini, mentre a capo del Governo, Bettino Craxi imperversava mostrando i muscoli ai lavoratori, trionfando al referendum sulla Scala Mobile, e agli americani durante la crisi di Sigonella.

Intanto, a Torino, dall’unione di una coppia di musicisti, nasceva il 28 agosto 1985 Guglielmo Bruno.

Quarant’anni dopo – mese più, mese meno – Guglielmo sta cantando davanti a una folla di oltre settemila persone, alcune delle quali fan della prima ora, di quelle che vengono a sentirti negli scalcagnati live in club improvvisati, quelli – per intenderci – che praticano la cara, vecchia e fastidiosa politica del “ti pago se porti gente”. L’occasione è la serata di apertura del Flowers Festival di Collegno, che festeggia a sua volta il suo decimo compleanno, da quando, nel 2015, al direttore artistico Fabrizio Gargarone venne l’idea di fare le cose in grande e creare un festival tutto nuovo, dirottando artisti del calibro di Patty Smith e Goran Bregovich dal non certo iconico palco del Gru Village alla realtà del Parco della Certosa, nell’area dell’ex Manicomio di Collegno.

«Un luogo che fu di dolore» come lo ha definito in una recente intervista, che invece oggi è espressione di arte e della gioia del vivere insieme. L’area su cui insiste il palco è quella delle Lavanderie a vapore, dove venivano lavate e stese le lenzuola di tutta la struttura, mentre alle spalle del palco c’è il mitico Padiglione 14, il braccio più impegnativo, quello in cui venivano rinchiusi “i furiosi”,  adesso il  luogo in cui vengono ospitati gli artisti per la cena. Il mondo di ieri che si fonde a quello di oggi, il progresso della civiltà, della società e delle espressioni artistiche.

L’atto primo della nuova edizione del Flowers possiamo definirlo come una sorta di serata omaggio alla musica di stampo sabaudo, un viaggio di due decenni, dalle sudate arcate dei Murazzi di inizio millennio alla definitiva consacrazione nazionale di artisti che hanno macinato ore, mesi, anni di sale prova e concerti, che hanno saputo crescere insieme alla propria arte un passo alla volta, cambiando all’occorrenza città e abbandonando tutto pur di trovare le migliori condizioni per potersi esprimere. È il caso, quest’ultimo, di Anna Castiglia, catanese di nascita e torinese di adozione, che ha preceduto l’esibizione di Willie Peyote con il suo cantautorato ironico e profondo, la sua voce deliziosa, la presenza scenica di impatto e personalità. Non si è trattato del classico show di apertura, ma di un vero e proprio concerto di poco meno di un’ora, che ha coinvolto una platea via via più numerosa e attirata dalle tante storie tratte da Mi piace e dalle numerose e mutevoli sfumature stilistiche disegnate dalla sua chitarra e dalla band di supporto.

È altresì il caso di Lorenzo Pagni, in arte Pugni, nativo di Pisa e trasferitosi sotto la Mole nel 2020, in piena Pandemia, per alimentare ulteriormente il sacro fuoco della musica che arde in lui sin dalla tenera età, quando si dilettava con la batteria e la chitarra, prima di cominciare a far sentire la sua voce all’età di sedici anni. Nella sua musica si percepisce tanto del suo percorso accademico e lavorativo: laureato in psicologia e impegnato in una clinica psichiatrica, Pugni si nutre della complessità delle persone e le sintetizza in brani che si immergono nel profondo dell’animo, in un flusso perpetuo di emozioni, in una ricerca del sentimento, della voglia di emergere, rinascere, esorcizzare dolori e delusioni. Immersione, si diceva; un termine che rimanda immediatamente all’acqua, ai suoi due fiumi del cuore, prima l’Arno, adesso il Po. E non è un caso se il titolo del suo album di esordio sia Tuffi.

Poi arriva Willie, al solito molto carico, anche se in questa circostanza ci sembra di scorgere una punta di emozione in più, quella di chi ha aspettato a lungo una serata così, come chi non vede l’ora che arrivi il momento della sua festa in presenza degli amici più cari. E allora Guglielmo, Chiudi gli occhi e vai che si comincia Sulla riva del fiume! Sono i brani di apertura prima dei saluti alla folla, degli apprezzamenti alle tante sciarpe del Torino (domanda: ti sei accorto di esserti vestito con un completo bianco-nero? Si scherza dai!) e dei ringraziamenti di rito, per poi ripartire con Polvere, titolo che – chissà perché – a noi piace particolarmente.

Il ritmo è veloce e c’è poco spazio per le parole: si sa che il soggetto non è uno di quelli che le manda a dire o che si nasconde al cospetto di temi importanti, ma in questa circostanza ha preferito far parlare la musica, dedicarsi alla festa per e con la gente, concedendosi solo due piccolissime battute, una per introdurre Giorgia nel Paese che si meravigliasono pazzo di una ragazza della Garbatella»), l’altra immediatamente dopo il brano: «Siamo un Paese strano, c’è chi può fare serenamente il saluto romano, ma la maglietta Barbie Brigate Rosse scatena un casino». Il riferimento è alla recente vicenda di Agnese Tumicelli, la studentessa dell’università di Trento “rea” di essersi immortalata su Instagram con la suddetta maglietta prodotta dallo shop Innioranza. A seguito della denuncia del deputato e coordinatore regionale per il Trentino Alto Adige di FdI Alessandro Urzì, che ha portato la questione addirittura in Parlamento, Agnese si è dovuta dimettere da presidente del Consiglio studentesco.

La scaletta fila via veloce, il vecchio e il nuovo si intersecano, da Non sono razzista ma a Buon auspicio, Porta Palazzo, I cani e Next, l’ultimissima uscita lo scorso 30 maggio. Come detto, nessun accenno all’attuale tragica situazione geopolitica, nessun proclama, però il verso di Metti che domani «E metti che domani scoppia la Guerra Mondiale / ma noi siamo italiani e puntiamo a pareggiare» suona ancora più forte e beffardo che mai, data la nostra atavica incapacità di agire e prendere una posizione, soprattutto quella giusta.

Da metà serata in poi è il momento delle soprese e dei duetti, in cui traspariva chiaramente e si diffondeva in platea l’emozione e la felicità di Willie e degli artisti che si avvicendavano sul palco. Si comincia con Anna Castiglia e la cover di Un tempo piccolo di Franco Califano, il classico “pezzone” intramontabile capace sempre di far vibrare le corde giuste; Fulminacci ha scelto invece la sua Aglio e Olio, mentre Maurizio Carucci ha cantato La nostra pelle degli Ex-Otago. Il picco emotivo, in particolare per il protagonista della serata, è stato raggiunto quando sono saliti sul palco Samuel e Max Casacci per duettare sulle note di Preso blu dei Subsonica. «Se qualcuno 10-15 anni fa mi avesse detto che un giorno sarei stato sullo stesso palco con Samuel e Max davanti a migliaia di persone non ci avrei mai creduto! Testimone mio padre, che è qua tra la folla, e che indossa la stessa polo che aveva al mio esordio».

Il finale è come quello dei fuochi d’artificio della sera prima in piazza Vittorio Veneto in occasione della Festa di San Giovanni. C’è dentro di tutto, dal rap libero e puro dei primissimi anni ai classiconi La tua futura ex moglie e C’era una vodka, dagli ultimi successi sanremesi Gazie ma no grazie e Mai dire mai, al fil rouge dell’intera serata, tratto dal brano E allora ciao, ultima traccia di Educazione Sabauda che, guarda un po’ un’altra ricorrenza, compie dieci anni: «Se saltiamo tutti insieme il pavimento non ci tiene, viene giù».

Hanno saltato tutti, Guglielmo, è andato tutto bene. Buon compleanno!

 

foto di Michela Talamucci

Attila J.L. Grieco

Giornalista, cantante, esperto di comunicazione. Ma ho anche dei pregi, come essere riuscito a farmi battezzare Attila, nascere nell'anno di uscita dell'omonimo e celeberrimo film e condividere con il suo protagonista capigliatura, giorno del compleanno e squadra del cuore.

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