Nell’ambito della rassegna Fuori Campo 2024, il Magazzino sul Po dei Murazzi ha ospitato il debutto italiano della nuova formazione, ribattezzata Goblin Legacy, capitanata da Maurizio Guarini e Walter Martino – membri storici e co-fondatori del gruppo – e arricchita dalla presenza di Giacomo Anselmi alla chitarra e Roberto Fasciani al basso. Al termine del live, ne abbiamo approfittato per scambiare due parole con i fondatori della band
Il 1975 è stato un anno decisamente ricco di eventi significativi per la nostra esistenza. Nella storia mondiale, lo ricordiamo prevalentemente per la fine della Guerra del Vietnam, mentre in casa nostra è considerato l’ideale giro di boa del decennio nero dei tristemente famigerati Anni di piombo, in cui si raggiunse il picco massimo di terrore dello stragismo rosso e nero. L’anno, per intenderci, dell’evasione dal carcere di Casale Monferrato di Renato Curcio grazie ad un blitz guidato dalla moglie Margherita “Mara” Cagol, uccisa qualche mese dopo dai Carabinieri durante le operazioni di liberazione dell’industriale Vittorio Vallarino Gancia. L’anno della svolta del Compromesso Storico di Enrico Berlinguer, dell’accordo sulla Scala Mobile – particolare meccanismo che adeguava i salari all’inflazione – firmato tra Giovanni Agnelli e i sindacati e decapitato un decennio dopo dalla prova di forza di Craxi, legittimata da successiva vittoria referendaria.
In ambito artistico e culturale, perdiamo un punto di riferimento fondamentale come Pier Paolo Pasolini, macabramente ucciso sulle spiagge di Ostia, ma torniamo ad applaudire per l’ennesimo riconoscimento di Federico Fellini: Amarcord è il suo quarto film a ricevere l’Oscar per il miglior film straniero.
Intanto, a Londra, Malcolm McLaren e Vivienne Westwood aprono Sex, negozio di vestiti e accessori punk, per pubblicizzare il quale McLaren decise di fondare il gruppo dei Sex Pistols. Da qualche altra parte della città, invece, Steve Harris mette il primo mattoncino della leggendaria storia degli Iron Maiden, mentre i Queen fanno uscire il loro nuovo singolo: si chiama Bohemian Rhapsody, ne sentiremo parlare.
E a Torino? Nella cupa capitale del Triangolo industriale del neo sindaco Diego Novelli arriva la troupe di un trentacinquenne regista romano, Dario Argento, che girerà diverse scene di una pellicola destinata a diventare la pietra miliare del genere horror: Profondo Rosso. Un genere in cui la colonna sonora riveste il fondamentale compito di massimizzare la tensione evocata dalle immagini. Per la realizzazione delle parti musicali, inizialmente il regista pensò addirittura ai Pink Floyd, che però erano già impegnati nella composizione e nel lancio di Wish You Were Here. Pertanto, la scelta ricadde su Giorgio Gaslini, che aveva già lavorato con Argento ne Le cinque giornate. Il lavoro di Gaslini non fu particolarmente apprezzato dal regista, che definì “orrenda” la prima stesura propostagli. Il pianista non la prese bene e lasciò incompiuto il progetto. A questo punto entrò in gioco Carlo Bixio, editore musicale e collaboratore di Argento, che gli fece ascoltare la demo di una sconosciuta band di musicisti rock prog romani: i Goblin. Fu la svolta, il regista si convinse immediatamente e affidò la stesura della colonna sonora di Profondo Rosso alla band composta da Claudio Simonetti, Walter Martino, Maurizio Guarini, Massimo Morante e Fabio Pignatelli.
Salto temporale di 49 anni.
Anno 2024. Maurizio Guarini, tastierista, chiama al telefono il batterista Walter Martino, che vive in totale relax all’Isola d’Elba. L’idea è semplice, chiara, allettante. Troppo allettante. Riportiamo in auge i Goblin. E così sia. Vengono coinvolti anche Giacomo Anselmi alla chitarra e Roberto Fasciani al basso. Nascono i Goblin Legacy, realtà nuova e parallela al progetto solista dell’altro fondamentale membro fondatore, ovvero Claudio Simonetti’s Goblin.
Dopo due date all’estero, per la precisione in Norvegia, ecco i nuovi Goblin riapprodare in Italia, a Torino, nuovamente sul “luogo del delitto”, mezzo secolo più tardi. L’occasione è la rassegna Fuori Campo Festival, un ciclo di eventi spalmati nella seconda metà di novembre che si inserisce nell’ambito del Torino Film Festival ed è volto a promuovere lo sviluppo dello spettacolo dal vivo sostenendo la creatività giovanile e la connessione tra cinema e musica.
Location scelta i Magazzini sul Po, ai Murazzi, con il senno di poi forse troppo piccola – infatti sold out immediato – e certamente più indicata per eventi “di movimento” che per una sessione di puro ascolto.
I quattro musicisti hanno esordito con l’esecuzione di Mad Puppet e Deep Shadows, tracce meno note – non potrebbe essere altrimenti – dell’album Profondo Rosso, mentre alle loro spalle il telo bianco cominciava a prendere vita con le immagini tratte dal film. La commistione di musica e immagini sarà il lietmotiv che accompagnerà l’intero concerto. Poi un breve discorso di Guarini, in cui ringrazia il pubblico e introduce Walter Martino, che non suonava con i Goblin proprio da quel lontano 1975, quando lasciò la band all’indomani dell’uscita di Profondo Rosso per proseguire altrove la sua carriera.
Il viaggio nella storia dei Goblin e del cinema horror italiano prosegue con l’Alba dei morti viventi, Zombi e Non ho sonno, in cui ritroviamo tutto il campionario eccelso dei quattro: l’indubbia capacità tecnica di gestire cambi di tempo impossibili, rigorosamente dispari, alternare dinamiche, creare pathos e inquietudine tra un pubblico molto eterogeneo in cui si distinguevano abbastanza chiaramente almeno tre generazioni, segno che la qualità della musica e dei musicisti è ancora in grado di toccare le giuste corde anche tra gli ascoltatori più giovani, che per forza di cose vivono un tempo e una storia lontanissima dal milieu che ispirò queste composizioni.
Superata la metà dell’esibizione, Guarini e soci aprono una parentesi che esula dal cinema eseguendo alcuni pezzi tratti da Roller, come Dr. Frankestein, Goblin e la title track Roller: un rapido sguardo tra la gente e si notano occhi rapiti e concentrati, perché in questa porzione di live si raggiungono vette altissime di competenza tecnica e di originalità, al punto che c’è chi fa fatica a comprendere quando è il momento di applaudire, prendendo alcuni momenti di sospensione come presunte code di brano.
Si scivola velocemente verso il gran finale che tutti stanno aspettando con trepidazione, ma c’è ancora tempo e spazio per incastrare altri successi legati alla cinematografia, pubblicati a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta – Tenebre, Contamination e Buio Omega –, per poi fare un salto nella modernità delle produzioni anni Duemila, con Uneven Times (dall’album Four of a kind) e Magic Thriller (da Back to the Goblin 2005).
Poi, finalmente, arriva quel momento. L’intro di Suspiria gela il sangue anche a distanza di decenni, anche se te l’aspetti, anche se l’hai sentito migliaia di volte. E la voce sospirata, appunto, che in origine fu di Simonetti e nell’occasione di Guarini non permette certo di sentirsi più al sicuro. Cambio di scena, le luci sul palco diventano completamente rosse. Chissà cosa starà succedendo? La risposta è nell’arpeggio in 7/4 più famoso al mondo, originariamente pensato in 4/4 da Fabio Pignatelli e successivamente rivisto in tempo dispari da Massimo Morante, che ha inserito quella discontinuità fondamentale a creare quell’atmosfera di inquietudine che ha regalato l’immortalità al tema di Profondo rosso.
Nel backstage siamo riusciti a incontrare i due pilastri del nuovo sodalizio targato Goblin, ovvero Walter Martino e Maurizio Guarini, provati ma decisamente soddisfatti.
«Tornare a suonare con i Goblin è stata una cosa bellissima e totalmente inaspettata – esordisce Martino –, anche perché io mi ritrovavo praticamente in ritiro all’Isola d’Elba. È una cosa molto bella ritrovarsi dopo tutto questo tempo a suonare in una band con cui tanti anni fa abbiamo creato qualcosa di importante. Farlo a Torino, come prima data in Italia, è stato davvero molto affascinante, per l’atmosfera che si respira e per ciò che ha rappresentato questa città per il successo di Profondo rosso. Possiamo definire Goblin Legacy come un nuovo inizio, valorizzando sì il nostro passato ma creando anche cose nuove»
Il futuro creativo della band è confermato anche da Guarini:
«Abbiamo già cominciato a creare qualcosa di nuovo in studio e sono in parola con un agente per sviluppare una serie di concerti negli Stati Uniti. Insomma, abbiamo interrotto la nostra interruzione, siamo tornati. Anche perché non si può smettere di fare musica. L’esibizione di questa sera a Torino è stata un’ulteriore dimostrazione che anche a distanza di 49 anni il pubblico è ancora molto legato alla nostra proposta, in particolar modo mi ha fatto molto piacere vedere tanti giovani nel pubblico».