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El Galactico dei Baustelle: il pop che sfuma la poesia

Con El Galactico, i Baustelle virano verso un pop più leggero e diretto, ma sacrificano in parte la profondità e la poeticità che li ha sempre distinti. Un disco curato ma meno ispirato, che segna una svolta non del tutto convincente per il trio milanese


I Baustelle sono da oltre vent’anni una delle band più significative del panorama musicale italiano. Nati a Montepulciano nel 1996, ma ormai milanesi d’adozione, il trio composto da Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini ha saputo, nel tempo, costruire un universo sonoro raffinato e profondamente riconoscibile, dove il pop si è sempre fuso con un’estetica colta, cinematografica, malinconica. Dal debutto con Sussidiario Illustrato della Giovinezza (2000) fino a Elvis (2023), passando per capolavori come La Malavita (2005), Amen (2008) e Fantasma (2013), i Baustelle hanno raccontato l’Italia e i suoi dolori, i suoi miti, le sue contraddizioni, attraverso liriche dense di riferimenti letterari e musicali, arrangiamenti orchestrali e un romanticismo che non è mai scaduto nel banale. Con El Galactico, uscito il 4 aprile 2025, i Baustelle sembrano però cambiare rotta. E il cambiamento, pur nella sua legittimità, lascia un po’ interdetti.

La prima impressione, che si fa via via più chiara ascolto dopo ascolto, è che El Galactico sia un disco marcatamente pop. Non quel pop sofisticato e ironico a cui la band ci ha abituati negli anni, ma un pop più diretto, più lineare, meno stratificato. I suoni sono puliti, le strutture dei brani semplici, l’estetica vintage tanto cara al gruppo il cinema francese anni ’60, l’Italia degli anni di piombo, le orchestrazioni barocche sembra dissolversi in favore di una leggerezza che talvolta sfiora la superficialità. Brani come Spogliami o Una Storia sono costruiti con mestiere, orecchiabili, perfetti per essere ascoltati in auto con i finestrini abbassati, ma sembrano mancare di quella profondità che ha sempre reso i Baustelle unici. I testi, storicamente uno dei punti di forza del trio, appaiono in molti punti più deboli, meno ambiziosi, come se qualcosa del consueto sguardo poetico e disilluso si fosse perso per strada. L’ironia e il cinismo che solitamente velano le liriche del gruppo qui si fanno più sfumati, lasciando spazio a un sentimentalismo che non sempre riesce a essere incisivo.

Non è che El Galactico sia un brutto disco, i Baustelle sono comunque troppo bravi per fare qualcosa di totalmente trascurabile, ma sembra un disco meno ispirato, più “forzato”, quasi scritto per cercare una nuova direzione commerciale, o forse solo per rompere uno schema divenuto ormai troppo stretto. E questo è un peccato, perché sappiamo bene qual è il potenziale di questa band: negli anni ci ha regalato autentiche gemme di musica e parole, concept album visionari, colonne sonore di una generazione in bilico tra decadenza e nostalgia. La produzione, affidata ancora una volta a Federico Nardelli, conferma una volontà di suonare “attuali”, ma a tratti si ha la sensazione che questa attualità venga pagata a caro prezzo, in termini di identità artistica. Le influenze californiane, le atmosfere da folk-pop americano, persino certe derive disco, si sovrappongono a ciò che resta del suono Baustelle, ma non sempre con successo.

El Galactico, insomma, è un disco di transizione, forse necessario, forse solo temporaneo. Potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase o semplicemente un momento di stanchezza creativa. Quello che è certo è che, se questo è il primo passo verso un cambiamento, ci auguriamo che il prossimo sia più convinto, più profondo e, soprattutto, più coerente con la sensibilità straordinaria che il trio ha saputo esprimere fino a oggi.

I Baustelle ci hanno abituati a volare alto, proprio per questo un album così “terrestre” lascia addosso un retrogusto dolceamaro. Come per chi ha conosciuto l’amore e ora si trova a rivivere una storia tiepida: non è male, ma non è più magia.

Ludovica Monte

Anche detta Fragola Brutale, classe 1996, romana fino al midollo. Sul comodino ho il Manifesto Anarchico da leggere come favola della buona notte e nel portafoglio un santino di GG Allin. Amo andare ai concerti, stare ore in libreria, scrivere ed essere polemica. Il mio film preferito è La Haine.

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