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Da 19 a 27: l’evoluzione naturale degli Atlante a OFF TOPIC

Gli Atlante celebrano la loro Primavera a OFF TOPIC. Un live che esplora l’evoluzione naturale della band, in un contesto familiare e collettivo. Vecchie abitudini rock mixate sapientemente con nuove consapevolezze elettroniche: il pogo è d’obbligo


La primavera è sbocciata a Torino in questo venerdì sera. L’OFF TOPIC, vestito di edera, accoglie in un’atmosfera familiare un gruppo eterogeneo di persone accomunate dallo stesso obbiettivo: godersi un buon live e trovare nella musica un momento di libertà. Tutto qui, la semplicità della tradizione sociale che sono da sempre i concerti. Non è un caso che siano gli Atlante i protagonisti di questo ritrovo, una band che della semplicità ne ha fatto attitudine.

Ad aprire le danze – o forse dovrei dire le musiche – ci pensa Pugni, un cantautore pisano che viaggia per melodie dai toni blues accompagnato dalla sua chitarra elettrica e una voce graffiata. Il suo repertorio si rifà alle strutture dell’indie italiano che spopola negli ultimi tempi, conquistando velocemente i presenti e raccontando con emotività le sue storie personali. La gratitudine finale all’applauso spontaneo e partecipe sottopalco corrisponde alle vibes della sua musica, nuovamente votata alla semplicità. Come dice lui in Spigoli, è solo una questione di prospettiva: «Se ci pensi gli spigoli, al contrario sono angoli dove possiamo nasconderci».

Gli Atlante salgono sul palco in formazione inedita: si aggiunge al trio storico – Claudio Lo Russo, Andrea Abbrancati e Stefano Prezzi – un entusiasta Tommaso Camarotto alle tastiere. L’hype del pubblico è palpabile, senza alcun dubbio la loro musica si è ricavata il proprio spazio, soprattutto tra gli amanti del rock torinese. Sono tornati a pubblicare dopo tre anni dall’ultimo album paure/verità – che ho personalmente ascoltato a ripetizione e urlato a squarciagola durante il precedente tour – con la naturale evoluzione del loro stile. Prima di parlare del concerto in generale, però, sento la necessità di soffermarmi sui brani che rispettivamente chiudono e aprono il live.

Diciannove è la prima canzone pubblicata dagli Atlante, era il lontano 2016 e la rabbia reazionaria permeava i loro arrangiamenti. Com’è tipico a quella età, si sentivano il peso del mondo sulle spalle – esattamente come nel mito greco di Atlante – e non avevano paura di condividere la loro ribellione: «È come se/Io vedessi la fine dello spazio più nero/È come se/Fossi immerso tra squali con le mani legate».
Sono passati otto anni da allora e 27 – singolo estratto dall’ultimo album – rappresenta il momento di riflessione che segna il passaggio alla vita adulta. Non solo i testi di Claudio raccontano di una maturità scaturita dall’esperienza e dell’esigenza di fermarsi a fare un’autovalutazione di ciò che è stato – «Disteso su un fianco/Io sto fermo e osservo il mondo in movimento/Mi taglio anche i capelli/La mia storia, il mio passato sul pavimento» –, ma anche la musica è maturata. La loro identità è rimasta preservata, le ritmiche articolate e incalzanti continuano a sostenere un power trio dall’animo grunge, mentre l’elettronica si è negli anni sempre più inserita tra le maglie dei loro arrangiamenti. Arricchiti da vocoder, drum’n’bass e sintetizzatori, che rendono i nuovi brani freschi e complessi allo stesso tempo.

Con queste consapevolezze acquisite, gli Atlante portano avanti un concerto costellato di performance catalizzanti. Siamo immersi nella loro atmosfera, che modulano sapientemente con momenti ipnotici – uno su tutti, Crociate – e altri esplosivi. Come in ogni loro live, non può mancare il tradizionale “momento pogo” ed è con Materia che si raggiunge la massima espressione energetica della loro musica. Tra canzoni inedite, in uscita il prossimo autunno, e singoli cantati con la partecipazione unanime del pubblico – Lamiera e il suo sfogo viscerale «io sono il mare» – la band dimostra che il potere della malinconia e dei momenti bui è quello di rendere le persone più coscienti, in meditato ascolto verso il mondo interno e quello esterno. Primavera è a tutti gli effetti la hit di questa nuova era e Claudio la dedica «a chi ti supporta nei momenti più bui, quando sei da raccogliere col cucchiaino». La versione dal vivo coniuga perfettamente il passato e il futuro della loro musica, in perfetta armonia con il nuovo stile grafico – il merch degli Atlante è da sempre una chicca da collezionare –.

Prima ancora che i nostri eroi siano scesi dal palco, il pubblico richiama ad alta voce il bis con la più bella delle minacce: «Se non metti l’ultima, noi non ce ne andiamo!». E l’ultima è proprio Diciannove, che si conclude con un liberatorio pogo partecipato. Per tornare nuovamente diciannovenni e dimenticarsi per un attimo del peso del mondo sulle nostre spalle.

 

Foto di Carlotta Anguilano

Mattia Macrì

Creativo. Cantautore. Storyteller. Neurodivergente. Scrivere fa parte di me sin dall’infanzia, in forma di prosa o in forma di canzone. Credo fortemente nella definizione di un grande conoscitore della mente: “Le parole erano originariamente incantesimi, e la parola ha conservato ancora oggi molto del suo antico potere magico” (S. Freud). Amo la grafica, il video-editing, la fotografia e qualsiasi tipologia di performance artistica. Il motivo per il quale scelsi di studiare Chimica Industriale spesso ancora mi sfugge.

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