I concerti nel Parco Della Certosa di Collegno si facevano già ben prima della nascita del Flowers Festival. Le nuove leve degli Squat si riappropriano del punk con un Controconcerto gratuito e antigerarchico, urlando ai CCCP e ai loro fan: «il punk è moda, non per noi!»
Si sta parecchio parlando del concerto al Flowers Festival dei CCCP di giovedì 27 giugno ma, tra reportage entusiasti e recensioni sfavillanti, risuona come un accordo dissonante su una Fender l’eco di un altro evento: il Controconcerto di contestazione ai CCCP. Proprio come fosse una nota fuori posto in una traccia dalle armonie fluide, del concerto se ne sono fatte solo veloci menzioni, una piccola distrazione rispetto all’arrangiamento generale; tutt’al più un simpatico easter egg da liquidare con un sorrisetto sardonico. Allora, perché non prendersi un attimo per ascoltare con orecchio attento quella nota fuori dal coro? Vi racconto com’è andata.
I CCCP hanno segnato più di una generazione: è anche merito del loro «produci consuma crepa» in Morire se fin dalla tarda adolescenza iniziai a frequentare gli spazi occupati, tanto da considerarli, ora che ho ventiquattro anni, tra i pochi luoghi in cui mi sento davvero al sicuro. E quando Ferretti andò alla fascia festa di Atreyu, abbracciando Giorgia Meloni, dichiarando che pregava per lei e per la sua ascesa ogni giorno, nonostante il senso di tradimento, la questione venne pressoché liquidata come la caduta dalla parte sbagliata sul ponte tibetano degli estremismi politici, o un principio di demenza senile.
Ma la decisione dei CCCP di rimettere assieme la vecchia gang per cantare con le note dell’ipocrisia quello stesso “produci consuma crepa”, presentando costi di biglietto tutt’altro che popolari – al Flowers biglietto allo stesso prezzo degli Idles che vengono a Bristol, daje raga –, per di più facendo tappa proprio a pochi metri dallo storico Mezcal Squat di Collegno, come lo scontro fra masse d’aria calda e fredda nelle zone di bassa pressione, ha dato infine vita a ciclone.
Il Controconcerto è stato organizzato principalmente da under 20, e under 18, nuove leve del punk vecchia scuola che con la fotta della gioventù affrontano l’orripilante capitale che fagocita e monetizza sulle controculture a colpi di pogo. Proprio per questo si è deciso di organizzare la serata non all’interno del Mezcal, ma nel centralissimo campo da basket del Parco della Certosa – rinominata per l’occasione Certosa Irreale –, luogo di ritrovo dei pischelletti di Collegno e, soprattutto, in linea d’aria col percorso di ritorno dei partecipanti del Flowers Fest.
«Solo complici solo bellavita», si legge sul flyer: non c’è il bar, se vuoi qualcosa da bere portatelo e condividilo, rifiuta le dinamiche venditore-consumatore negli spazi collettivi. E questo è il punk, un concerto gratuito – o al massimo con un prezzo popolare di autofinanziamento o benefit per qualche causa – e antigerarchico, il palco raso terra, gli spettatori che strappano di mano il microfono al cantante.
In concomitanza con l’inizio del concerto dei CCCP, partono i Putiferio con un bel punk hardcore incattivito minorenne torinese; la gente si mette a pogare e crowsurfare già nella mezza traccia che sputano alla veloce per il linecheck, obbligando la band a suonare il brano di un minuto Governo Merda almeno quattro volte di seguito, al grido di «PIÙ VELOCE» e plurime bestemmie.
Seguono gli Apoptosi da Bergamo, si definiscono grindfilledpunkhardcore e, in effetti, tra power violence, black metal e hardcore, alternano le dinamiche con sofisticazioni che non si sentono spesso ai concerti punk; shout out in particolare al cantante che passa dal growl allo yell, allo scream, al gabibbocore (peculiarità del PxV) come se frequentasse sale prove ammuffite da quando soggiornava nell’utero di sua madre. E che la gente si stesse ammazzando di pogo sotto palco non lo ripeterò più: immaginatela come un’intemperia perpetua.
Poi i Kinoglaz e gli Ethico – i principali organizzatori della serata –, che alternano a urla velenose e testi argutamente antistatalisti le letture dal manifesto contro i CCCP, annunciano che hanno appeso volantini del tipo «FAKE PUNK HERE» al Flowers e che hanno creato una fanzine tematica, facendoci gioire collettivamente riportando la notizia che alla band emiliana si è staccato l’impianto.
Chiudono i Narkan da Milano – forti, incazzati neri: sono crollata addosso a una ragazza che è crollata addosso a un ragazzo che è crollato addosso a un* ragazz* nel pogo – e a questo punto sono già arrivati gli intrusi dal concerto dei CCCP che si fermano a guardare il nostro show senza manifestare alcun apparente dilemma interiore. Ma del resto, a loro, «importa ‘nasega sai, ma fatta bene che non si sa mai».