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Colapesce, Dimartino e Castello. È una Trinacria Ritmika!

La prima serata di Ritmika Festival è stata un elogio al cantautorato arguto e coinvolgente tipico della Sicilia, i cui prodotti rappresentano un’eccellenza in qualsiasi campo, anche e soprattutto in quello artistico. Ne hanno dato ulteriore dimostrazione Colapesce e Dimartino, preceduti dall’esibizione dell’ottimo Marco Castello


Non c’è bisogno di ponti per unire un paese. Basta la musica, quella bella, quella d’autore.

È la riflessione che viene spontanea al termine della prima serata di Ritmika 2024, ventottesima edizione del festival di musica contemporanea prodotto dalla Città di Moncalieri e da Fondazione Reverse con l’obiettivo di promuovere, così da dichiarazioni istituzionali della vigilia, performance musicali di qualità e promozione dei giovani talenti, cercando di attirare un pubblico il più possibile trasversale.

Auspici immediatamente confermati già nella serata d’esordio, perché a inaugurare la rinnovata area del PalaExpo di Moncalieri sono stati Colapesce e Dimartino, in compagnia del cantautore Marco Castello. Artisti di qualità e gioventù di talento, appunto.

Siracusa-Palermo-Siracusa: non è una tappa da prima settimana del Giro d’Italia, bensì la provenienza dei tre artisti, sempre in grado di mantenere ben teso il filo conduttore della serata: competenza musicale, originalità e soprattutto ironia, nei testi come negli scambi con il pubblico.

«Ci terrei a ricordare che non c’è niente di male a sventolare le bandiere della Sicilia e della Palestina. Anche se qualcuno potrebbe offendersi, probabilmente per quella della Sicilia»

Ecco l’esempio perfetto. L’ironia, al momento giusto, con la doverosa misura, è una straordinaria arma di resistenza contro l’ottusità e la prevaricazione, che di questi tempi si annida ovunque, arrivando a infilarsi persino delle anonime pettorine fluo del più remoto servizio d’ordine, decisamente solerte nel rimuovere uno dei due vessilli, potete immaginare quale. Chapeau, Marco!

Tornando sul palco, è toccato proprio a Marco Castello scaldare i tanti ragazzi arrivati al PalaExpo. Cosa c’è di meglio di una rapida cover strumentale della sigla di Lupin III? Un grazie a tutti e poi si fa sul serio, si comincia a raccontare le storie di quotidiano sentimento, di riflessione, di interiorità, di cazzeggio creativo e di sano sesso. Profumi e suoni di Sicilia, tangibili e persistenti, evocati dall’uso alternato di dialetto e italiano, in un’atmosfera che a tratti sembra restituirci Lucio Battisti in carne e ossa, prima di virare sorprendentemente su ritmi funk.

Una scaletta che ha proposto tutto il meglio di Pezzi della sera, il suo secondo lavoro da solista, uscito nel 2023, in cui spiccano l’acclamatissima Copricolori, un racconto con il sorriso sulle labbra sulla complessità delle relazioni («Se c’è una cosa che mi fa prendere bene / è farti da mangiare / Lei canta con la voce un po’ cambiata per impressionare / per farmi vedere di esserne capace»); l’incalzante Cicciona, che tutto è tranne un inno al body shaming, bensì l’esaltazione dei piaceri della vita, tra cui il buon cibo («Che bello quando c’è la spesa da fare / Domani cuciniamo cose ciccione, ma non mi incolpare / mangiare è come scopare»); la sorprendente Pipì, ballata funk intrisa di sarcasmo verso la superficialità della società in tutti i suoi ambiti («Che è sempre uguale il tg / e ammazzo Fabio Fazio / che tanto dice sempre di sì») e la delicata Torpi, che cantata voce e chitarra è una coltellata ancora più profonda, perché alla fine tutti coviamo nel nostro profondo quella malinconia che ti dà il ricordo di una storia passata che talvolta ci torna a trovare («Sono già le tre / forse dovremmo dormire / Ma sta canzone di merda non vuole finire»).

Giusto il tempo fisiologico del cambio palco ed ecco arrivare gli headliner, Colapesce e Dimartino, pronti per la seconda data del loro tour estivo Lux Eterna Beach, che potrebbe essere anche l’ultima occasione per vederli insieme dal vivo, ipotesi recentemente paventata anche dagli stessi due artisti siciliani.

Come nell’album, l’apertura è affidata a La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo, una delicata e profonda riflessione pop-prog, in cui Antonio e Lorenzo ci portano per mano davanti al mare, per vedere le cose con una prospettiva differente, più chiara, e ricordarci che talvolta «pure l’amore è una messa in scena». Poi, però, arriva il tempo della leggerezza, almeno dal punto di vista musicale, con il ritmo coinvolgente di Sesso e architettura, che ci ricorda come le differenti prospettive possano contribuire alla crescita di una relazione. Preceduto dall’esecuzione di Luna araba, brano scritto con Carmen Consoli, arriva il primo momento clou dell’esibizione: Ragazzo di destra, cantata a perdifiato dal pubblico, probabilmente per esorcizzare il momento attuale con una carezza poetica, a cui non serve un tirapugni d’oro per colpire forte.

La pancia della scaletta è una certificazione plastica di indiscutibile qualità artistica, in cui il duo si diverte e si esalta con la band, tra violini, archi, sax e piano che a turno diventano protagonisti. La suite rock proposta prima de Il prossimo semestre e la coda elettropop di Musica Leggerissima sono stati momenti sorprendenti e di puro godimento.

Come sulle montagne russe, Antonio e Lorenzo cambiano spesso registro, alternando momenti intensi (notevole la resa de La canzone dei marinai, omaggio a Ivan Graziani) a situazioni di festa popolare, come nei tre minuti abbondanti di Splash, in cui si è assistito alla moltiplicazione dei telefonini al cielo, così come dei decibel sottopalco. Succede la stessa cosa con la gestione del tema dell’amore, che si può raccontare in mille modi, ma di certo nessuno era mai riuscito a spostare così in alto l’asticella dell’originalità eleggendo Rosa e Olindo a custodi del sacro dono di Afrodite. Dopo aver scherzato, Colapesce e Dimartino ci ricordano anche una grossa verità: Innamorarsi perdutamente non è mai un affare, titolo piuttosto eloquente del brano più giovane del sodalizio, uscito appena sei giorni fa.

Il finale è da ricordare. Se davvero questo sarà il loro ultimo tour insieme, prima di dedicarsi a progetti individuali, bisognerà ricordarli esattamente come in Majorana. Solo loro due sul palco, le chitarre arpeggianti, le voci delicate perfettamente armonizzate. Se chiudi gli occhi sei a Central Park, nel 1981, ad ascoltare il concerto più iconico di Simon & Garfunkel.

«Ed era una serata strana
L’estate ci sembrava più lontana
Siamo scomparsi troppo presto
Due lettere nell’universo»

 

foto di Elisabetta Ghignone 

Attila J.L. Grieco

Giornalista, cantante, esperto di comunicazione. Ma ho anche dei pregi, come essere riuscito a farmi battezzare Attila, nascere nell'anno di uscita dell'omonimo e celeberrimo film e condividere con il suo protagonista capigliatura, giorno del compleanno e squadra del cuore.

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