L’Hiroshima Mon Amour è sold out per l’iconica band, simbolo del rock demenziale italiano: gli Skiantos. Ribelli, dissacranti, musicisti con un tiro pazzesco, conquistano vecchie e nuove generazioni in un clima disteso che grida “libertà espressiva”. Il panorama attuale ha tanto da imparare da loro. Guest star: Guido Catalano, che si inserisce a metà concerto con un reading che contrasta, e poi amplifica, la potenza della loro musica
Hiroshima Mon Amour ha iniziato l’anno alla grande. Dopo l’intenso live degli Atlante – qui, la nostra gallery –, tornano sul palco le leggende del rock demenziale nostrano: gli Skiantos. Lo storico gruppo, nato a Bologna nel 1975, dopo cinquant’anni di attività è in grado di infiammare il palco ed esaltare la platea con la sua musica rivoluzionaria. Il sold out era inevitabile: la fan base affezionata non ha smesso un secondo di amarli e, con l’avvicinarsi della ricorrenza della scomparsa del carismatico liricista Roberto “Freak” Antoni, il concerto è risultato ancora più emozionante. Nonostante la temperatura glaciale abbia avvolto Torino in questo gennaio, l’atmosfera all’interno del locale è ardente. La libertà espressiva della musica targata Skiantos si rispecchia nell’eterogeneità del pubblico. Una commistione generazionale che scalda il cuore e dimostra quanto lo spirito che anima il gruppo sia universale. Il colpo d’occhio è pazzesco.
L’assenza di Freak viene amorevolmente colmata dall’eredità che permea ogni componente della band, che ha fatto della poliedricità il suo marchio di fabbrica. A seconda del brano, infatti, i membri – sicuramente avrebbero una battuta pronta per questo termine – si palleggiano il ruolo di cantante, mantenendo costante il supporto reciproco. Il loro suono è potente, la loro espressività è caustica, il loro tiro è impeccabile. La formazione attuale è composta da: Roberto “Granito” Morsiani, voce e batteria; Luca “Tornado” Testoni, chitarra e voce; Massimo “Max Magnus” Magnani, basso e voce; Gianluca “Giangi La Molla” Schiavon, batteria, percussioni e voce; Fabio “Dandy Bestia” Testoni, compositore e chitarrista storico del gruppo, che purtroppo non ha potuto presenziare allo show per problemi di salute. Per fortuna, grazie all’innovativa tecnologia della videochiamata, siamo riusciti a realizzare un’intervista divertentissima con lui e il resto dei regaz, che uscirà nei prossimi giorni sul nostro profilo.
Musicalmente, gli Skiantos non hanno perso lo smalto: gli assoli di Tornado sono esaltanti, la sezione ritmica incalza con maestria e la voce di Granito colora perfettamente le melodie di Freak. Si ride, si poga, ci si commuove: questo show è una vera goduria.
“Skiantos” è una parola ambivalente: può rappresentare una collisione, come quella sonora che arriva sottopalco; oppure, può fungere da complimento, come nel caso della prima canzone della serata. Io sono uno skianto è il pezzo d’apertura, Granito lo dedica al pubblico e lui, entusiasta, risponde all’unisono. Dallo stesso album capolavoro, Monotono, gli Skiantos propongono alcuni dei pezzi più iconici del repertorio, traghettando chi ascolta in un viaggio all’insegna delle sfumature del rock: dal Panka rock, guidato dal formidabile falsetto di Tornado, al rock ‘n roll di Ehi ehi ma che piedi che c’hai; dal pogo sfrenato di Eptadone al cha cha cha di Diventa demente; fino al blues rock di Karabigniere blues. Non mancano momenti di condivisone, in cui si ripercorrono aneddoti al limite del surreale, e quest’ultimo brano ne è un esempio: Max Magnus racconta del fraintendimento tra Freak e le forze dell’ordine, le quali, nel tentativo di consolidare la loro comica nomea, scambiarono la parola blues per l’onomatopea di uno sputo a loro dedicato. Il viaggio prosegue con hit tratte da altre tappe fondamentali della loro discografia: da Kinotto a Signore dei dischi, passando per Doppia dose. Grande escluso, ma era prevedibile che lo fosse, l’ultimo EP di inediti, Phogna, inciso nel 2009. Fidatevi: se volete scoprire un’inedita identità “seriosa” degli Skiantos, dovete correre ad ascoltarlo.
A metà concerto, un ospite molto legato alla band sorprende il pubblico contrastando l’energia punk con un atto ancora più punk: Guido Catalano recita tre brillanti poesie, che hanno molto in comune con la poetica di Freak.
«Volevo fare la rock star, ma sono due parole che non si confanno alla mia “erre lesa”, quindi ho deciso di essere un poeta professionista – ancora in vita –, perché c’erano più posti liberi»
Con assertività e autoironia, Catalano affronta il pubblico – infervorato dall’ingente quantità di rock in circolo – dimostrando che, anche nella sua ipotetica carriera nel rock demenziale, avrebbe riscosso un successo altrettanto clamoroso.
La serata si conclude con alcuni highlights indimenticabili: la commozione generale in reazione all’emblematica Sono un ribelle mamma, l’ilarità trattenuta di Granito durante il pezzo hard rock Calpesta il paralitico, la sorprendente voce rock di La Molla in Gelati e un trittico conclusivo che porta l’esaltazione della platea con Eptadone, Mi piaccion le sbarbine e Largo all’avanguardia. Il pubblico vorrebbe che il concerto non finisse mai, ingaggiato dal primo all’ultimo secondo. Un risultato che solo dei fuori classe possono ottenere, dopo tanti anni di attività. E, con la loro attitudine ribelle, è probabile che lo siano stati letteralmente, dei “fuori classe”.
In conclusione, il live degli Skiantos si dimostra una rarità nel mercato musicale attuale. Ad oggi, rimangono imbattuti nell’utilizzare il dissacrante per provocare un ragionamento. Basta elencare i titoli dei loro pezzi, per sghignazzare e apprezzare la genialità della loro ironia che – è necessario ribadirlo – non è mai fine a sé stessa, bensì votata al portare con leggerezza della profonda critica sociale.