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A lezione di Storia del Silenzio dai múm

Il nuovo album degli islandesi múm è un viaggio che, a dispetto del titolo, muove attraverso le ricche sfumature del suono. Pop raffinato ed elettronica sperimentale non sono mai stati così vicini


È possibile scrivere la Storia del Silenzio su uno spartito? Chissà se è questa la domanda di fondo che ha ispirato il collettivo islandese dei múm — pronunciato miooyyuujm, come loro stessi ci insegnano — nella scrittura di questo nuovo album in studio, il settimo in ordine di uscita.

Registrato a distanza di 12 anni dall’ultimo Smilewound fra Guagnano — sì, proprio il piccolo comune in provincia di Lecce — Praga, Reykjavík, Atene, New York ed Helsinki, l’uscita del disco è stata anticipata dal singolo Mild at Heart  il 18 luglio di quest’anno.

A dispetto dei vari formati scelti per la sua promozione (LP, CD, cassette e l’immancabile digitale) il disco contiene appena 8 tracce inedite e stupirà per la sua durata: appena 34 minuti. Lontano anni luce da qualsiasi furore punk che, almeno nello stile musicale, non sembra appartenere al background del gruppo, l’album si muove come universo in espansione nella direzione dell’etereo fino alla fusione di un certo folk nordico con la musica elettronica — in questo nuovo lavoro più che mai dal sapore eighties — in perfetta sintesi fra loro.

Che il disco non suoni come il frutto dei soli ¾ dei membri rimasti a reggere il progetto, ma di una formazione più ampia è possibile avvertirlo sin dal primo pezzo — Miss you dance — nel quale l’orchestra d’archi della Sinfonia Nord si fa spazio timidamente nell’accompagnare un certo minimalismo rodato della band richiamato dal piano, l’eco elettronico di una grancassa e un basso synth.

Proseguendo nell’ascolto, tracce come Kill The Light, Avignonnon fatevi ingannare dalle sue interruzioni, non è colpa della vostra connessione! — e Our Love is Distorting tracciano in questo senso una linea diretta di collegamento col passato del gruppo, ma guardando avanti, rinnovate da una certa freschezza corale.

Mild at Heart è un ottimo singolo cosparso da un velo di zucchero pop anni ’80 che riecheggia dall’alto di un vulcano islandese, ma è Only Songbirds Have a Sweet Tooth la traccia che finisce col convincere, se ne percepisce ancora il gusto in bocca: retro-futuristico spremuto fino all’ultima goccia di malinconia.

In A Dry Heart Needs no Winding mùm suonano come i Calexico in missione intergalattica che dallo spazio guardano per la prima volta la Terra e con lo stesso sentimento l’ascoltatore si avvicina al gran finale di I Like to Shake,  sfumato, lynchiano nel suo dilatarsi e perdersi fra le stesse identiche note, le stesse identiche parole ripetute fino all’ultimo sospiro di violino che lascia col fiato sospeso.

Delicato? Sussurrato? Accorato? Sperimentale? History of Silence è un album in grado di richiamare nel 2025 la perfetta solitudine planetaria degli albori, ma è anche un blues per l’avvenire del Pianeta Terra e i suoi abitanti.  Non abbandonateci per troppo tempo mùm, abbiamo bisogno ancora di voi.

Massimiliano Ciliberto

Marxista sezione Discografica

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