La relazione tra essere umano e Intelligienza Artificiale apre un dibattito sempre più attuale e controverso. I Tre Allegri Ragazzi Morti in “Robot rendez-vous” raccontano di una storia d’amore inusuale, che stimola un pensiero che va oltre il fanatismo o l’allarmismo. In questo episodio immaginiamo il racconto dietro la canzone, con l’aiuto di un’inedita locandina. Sarebbe davvero così immorale?
I Tre Allegri Ragazzi Morti sono tornati e hanno un obbiettivo: dimostrare che l’età è soltanto un numero, anche quando si tratta di carriera. Trent’anni di stazionamento nell’industria musicale non coincidono con una perdita di creatività: il nuovo album Garage Pordenone è una raccolta di storie eterogenee e fantasiose, come ogni lavoro dei TARM. La libertà di pubblicare da indipendenti, con la loro etichetta La Tempesta Dischi, permette alla band di rinnovarsi, mantenendo la propria integrità e le proprie radici: «È un gioco, come sempre. Abbiamo raccontato una Pordenone fantastica, non realistica. Garage Pordenone è in realtà un luogo di Milano e quindi così c’è qualcosa che ti riporta a casa, c’è qualcos’altro che ti conduce altrove».
Ho sentito parlare della canzone Robot rendez-vous in un’intervista fatta a Davide Toffolo, prima ancora di ascoltare il brano. Sin dal titolo, le immagini evocate hanno stimolato la mia fantasia, l’atmosfera onirica e malinconica ha fatto il resto. Questo è il racconto di un amore – provocazione o premonizione – tra un uomo, arreso alle delusioni sentimentali passate, e un robot. Io, la loro storia, me la sono immaginata così.
L’uomo in attesa di un rendez-vous
«È passato già un quarto d’ora alla mezzanotte…». L’uomo si strinse le spalle, pregustando l’amara sensazione – fin troppo familiare – di esser stato nuovamente piantato in asso. «…eppure l’annuncio riportava un’ottima valutazione riguardo alla puntualità del servizio».
La primavera stava per lasciare il posto alla torrida estate, tipica delle campagne. Dietro enormi nuvoloni, mimetizzati al buio di un cielo spento, la luna aveva deciso di arrendersi. L’aria della notte era già calda, ma sembrava subire la repulsione gravitazionale del campo di grano. Ovvero il luogo, isolato e umido, designato per l’appuntamento. Le spighe erano ancora chiuse, incoronate dalle glumelle dorate che proteggevano materne il prezioso frutto, ed eseguivano una lenta danza ritmica grazie al vento. Il loro fruscio riempiva l’intera scena sonora. L’unico elemento a risultare estraneo, in quel quadro notturno, era proprio l’uomo in attesa.
Sognante e carico di malinconiche speranze, era arrivato da quasi un’ora. Non si era mosso da quel punto, dopo aver goffamente preparato il terreno insidioso, per tramutarlo il più possibile in una tana. Esattamente come pianificato due giorni prima:
«Agenzia Rendez-vous, sono la sua assistente IA, numero #7899. Come posso esserle utile?»
«Sì, ehm… salve… #7899! Io… ho già inserito il mio codice identificativo. Ho effettuato un ordine ieri e… avrei delle domande da porle.»
«Ma certo, signore. Può fare riferimento a me per qualunque dubbio in merito all’acquisto. La metto in attesa mentre scarico le informazioni della sua richiesta e torno da lei.»
Nei brevi attimi di silenzio, i dubbi in merito all’impulsiva decisione presa la sera prima avevano invaso la mente dell’uomo. Si era già avvicinato all’idea di ricorrere a soluzioni venali, per trattare i sintomi della sua solitudine. Non era riuscito, però, a concludere la trattativa su eBay. Cosa avrebbe pensato il portinaio del suo palazzo?
L’assistente virtuale si era riconnessa:
«Perfetto, signore. Come da sua esplicita richiesta, la conversazione non verrà registrata; il suo nome non verrà pronunciato, così come i dettagli del prodotto scelto. Come posso esserle utile?»
«Grazie mille… ehm… è molto gentile». Davvero si stava rivolgendo a un’entità senza anima con aggettivi caratteristici umani? Questa storia iniziava a confonderlo seriamente ma, a questo punto, non poteva più tirarsi indietro. Per evitare ripensamenti, questa volta aveva pagato in anticipo.
«Dicevo… grazie! Vorrei specificare alcune informazioni per quanto riguarda l’appuntamento di domani.»
«Il rendez-vous prenotato per domani? Certo!». Aveva specificato la voce artificiale.
«Sì, esatto il… rendez-vous… di domani. Avrei necessità che avvenisse fuori dalla città, ma non ho potuto inserire un indirizzo diverso nel modulo. Non che io mi vergogni di questa questione… insomma… mi capisce? Dice che si potrebbe fare?»
«Non c’è problema, signore. Le invio istantaneamente tre opzioni di coordinate safe tra cui scegliere. Mi preme sottolineare che la responsabilità del prodotto sarà sua per tutto il tempo pattuito. L’agenzia, in questi casi, si raccomanda di premurarsi del fatto che la superficie sottostante al prodotto sia accuratamente trattata: non ci devono essere corpi estranei che possano ledere i meccanismi del prodotto; la temperatura ambientale del suolo deve rimanere sopra i 10°C, ma inferiore ai 30°C; non ci deve essere contatto tra il prodotto e il terr…»
«Va bene, va bene… guardi… mi scusi, devo lasciarla». Click.
Riagganciò l’apparecchio giusto in tempo. Il suo collega di scrivania aveva concluso la pausa e, con ancora il caffè in mano, era tornato a sedersi annoiato al suo fianco. Gli aveva sorriso maliziosamente, come se avesse intercettato il dialogo appena avvenuto. O, forse, anche questa era soltanto una sua impressione.
Nel buio avvolgente di quella notte, il roboante suono di un drone interruppe la silente attesa dell’uomo. Si acquattò, sbirciando attraverso le spighe. Un fascio di luce, proveniente dal cielo, stava illuminando la strada di fronte alla coltivazione di grano. Da lì, si era materializzata una cassa di legno a dimensione umana. Prima di fare dietrofront, come da prassi, il drone tentò di scansionare la zona. Non riuscendo a sorvolare l’area, che partiva dal campo e si protraeva per chilometri nella campagna rurale, emise due rantoli di lamento e tornò a dirigersi verso la città.
«Eccola, è lei!». Esclamò l’uomo, pieno di gioia, mentre sporgeva la testa fuori dalle ariste, che gli avevano fatto da scudo.
La figura umanoide aveva immediatamente intercettato il mittente di quella emissione sonora e si era avvicinata in maniera rapida e impercettibile, aveva un abito rosso fuoco con il logo riconoscibile dell’Agenzia Rendez-vous. Si muoveva come uno spirito, che fluttuasse a due dita dalla terra.
Arrivata in prossimità dell’aspettante, gli sorrise e lo baciò dolcemente sulla fronte. Inebriandolo con un inconfondibile profumo di mughetto. L’uomo aveva regalato quella stessa fragranza ad almeno tre donne reali nell’ultimo anno. Nessuna di loro era rimasta conquistata dalla semplicità di un individuo come lui. Senza pretese, se non quella di essere amato. Forse era stata proprio quella esigenza a farlo rimanere solo. Cercava negli altri un sostituto, che curasse le sue paure, al posto suo.
«Non voglio conoscere il tuo nome… ehm… il tuo numero. Vieni, siediti qui con me.»
Lo sguardo dell’essere robotico femminile si indirizzò verso la zona indicata dall’uomo. Sorrise nuovamente e tirò fuori da una sacca, fino a quel momento nascosta, una coperta rossa matrimoniale. La stese a terra e disse amorevolmente:
«Sapevo che te ne saresti dimenticato!»
L’uomo si accomodò, in attesa di potersi finalmente avvinghiare a quella carne sintetica, che gli appariva così incredibilmente viva. Una creatura che sembrava conoscerlo meglio di chiunque altro. Non importava se il motivo fosse un algoritmo che studiava ogni sua reazione o desiderio dal momento dell’avvenuta ordinazione. Era proprio la compagnia di cui aveva bisogno in quel momento.
I vestiti dell’automa scivolarono leggiadramente a terra, posandosi di fianco al suo viso. Quel corpo, quegli occhi. Stentava a crederlo, ma erano esattamente del colore e della forma che aveva sempre ricercato.
«Cantami una canzone!». Propose l’uomo, mentre le allisciava lo spazio al suo fianco, per poterla accogliere.
«Non posso farlo, mi spiace molto. Non sono programm…»
«Non importa, non importa. Sdraiati qui e permettimi di esplorarti.»
Il contatto con la pelle di quella donna confermava la percezione precedente di vita pulsante. Le labbra, i seni, i genitali, erano umide e gonfie riproduzioni umane. Le mani dell’uomo affondarono nelle calde geometrie di quella figura, così delicata e disponibile. La sensazione di avere a che fare con un’Intelligenza Artificiale si era ormai dissipata, lasciando spazio a una liberatoria libidine animale. Fecero l’amore – così lo definì a sé stesso – per tutta la notte. Certo, le prime ore furono un vero disagio per lui. Non si concedeva rapporti intimi da lungo tempo, era disabituato a lasciarsi andare a quella fragilità. Attendeva un partner che potesse aver cura dei suoi blocchi emotivi, per permettergli di esprimere anche la sua parte più istintiva. Aveva trovato solo altri umani, incatenati come lui.
Non fu solo sesso, parlarono energicamente fino all’alba. Accolto da occhi bagnati e comprensivi, l’uomo aprì completamente il suo cuore:
«Sai, vorrei averti per almeno un mese. Non ho mai avuto una relazione tanto lunga e appagante.»
«Si può fare, contatterò l’agenzia e rimarremo insieme per quanto tempo vorrai». Gli sorrise nuovamente.
I denti così bianchi da accecarlo. O, forse, erano lacrime quelle che obbligarono l’uomo a distogliere lo sguardo. Era tanto diverso un rapporto come quello che stavano per intraprendere, rispetto a quelli che aveva fortemente bramato sino ad allora? Legami basati sull’opportunismo reciproco, pretese e doveri. Ognuno concentrato segretamente sulle proprie battaglie.
«Lo sai? È stato l’appuntamento migliore della mia vita!». Esclamò lui accarezzando, ancora incredulo, i capelli più morbidi che avesse mai toccato.
«Un rendez-vous». Lo corresse dolcemente il robot, asciugandogli le lacrime.
Illustrazione di Coswin