Gli Atlante celebrano la loro Primavera a OFF TOPIC. Un live che esplora l’evoluzione naturale della band, in un contesto familiare e collettivo. Vecchie abitudini rock mixate sapientemente con nuove consapevolezze elettroniche: il pogo è d’obbligo
La primavera è sbocciata a Torino in questo venerdì sera. L’OFF TOPIC, vestito di edera, accoglie in un’atmosfera familiare un gruppo eterogeneo di persone accomunate dallo stesso obbiettivo: godersi un buon live e trovare nella musica un momento di libertà. Tutto qui, la semplicità della tradizione sociale che sono da sempre i concerti. Non è un caso che siano gli Atlante i protagonisti di questo ritrovo, una band che della semplicità ne ha fatto attitudine.
Ad aprire le danze – o forse dovrei dire le musiche – ci pensa Pugni, un cantautore pisano che viaggia per melodie dai toni blues accompagnato dalla sua chitarra elettrica e una voce graffiata. Il suo repertorio si rifà alle strutture dell’indie italiano che spopola negli ultimi tempi, conquistando velocemente i presenti e raccontando con emotività le sue storie personali. La gratitudine finale all’applauso spontaneo e partecipe sottopalco corrisponde alle vibes della sua musica, nuovamente votata alla semplicità. Come dice lui in Spigoli, è solo una questione di prospettiva: «Se ci pensi gli spigoli, al contrario sono angoli dove possiamo nasconderci».
Gli Atlante salgono sul palco in formazione inedita: si aggiunge al trio storico – Claudio Lo Russo, Andrea Abbrancati e Stefano Prezzi – un entusiasta Tommaso Camarotto alle tastiere. L’hype del pubblico è palpabile, senza alcun dubbio la loro musica si è ricavata il proprio spazio, soprattutto tra gli amanti del rock torinese. Sono tornati a pubblicare dopo tre anni dall’ultimo album paure/verità – che ho personalmente ascoltato a ripetizione e urlato a squarciagola durante il precedente tour – con la naturale evoluzione del loro stile. Prima di parlare del concerto in generale, però, sento la necessità di soffermarmi sui brani che rispettivamente chiudono e aprono il live.
Diciannove è la prima canzone pubblicata dagli Atlante, era il lontano 2016 e la rabbia reazionaria permeava i loro arrangiamenti. Com’è tipico a quella età, si sentivano il peso del mondo sulle spalle – esattamente come nel mito greco di Atlante – e non avevano paura di condividere la loro ribellione: «È come se/Io vedessi la fine dello spazio più nero/È come se/Fossi immerso tra squali con le mani legate».
Sono passati otto anni da allora e 27 – singolo estratto dall’ultimo album – rappresenta il momento di riflessione che segna il passaggio alla vita adulta. Non solo i testi di Claudio raccontano di una maturità scaturita dall’esperienza e dell’esigenza di fermarsi a fare un’autovalutazione di ciò che è stato – «Disteso su un fianco/Io sto fermo e osservo il mondo in movimento/Mi taglio anche i capelli/La mia storia, il mio passato sul pavimento» –, ma anche la musica è maturata. La loro identità è rimasta preservata, le ritmiche articolate e incalzanti continuano a sostenere un power trio dall’animo grunge, mentre l’elettronica si è negli anni sempre più inserita tra le maglie dei loro arrangiamenti. Arricchiti da vocoder, drum’n’bass e sintetizzatori, che rendono i nuovi brani freschi e complessi allo stesso tempo.
Con queste consapevolezze acquisite, gli Atlante portano avanti un concerto costellato di performance catalizzanti. Siamo immersi nella loro atmosfera, che modulano sapientemente con momenti ipnotici – uno su tutti, Crociate – e altri esplosivi. Come in ogni loro live, non può mancare il tradizionale “momento pogo” ed è con Materia che si raggiunge la massima espressione energetica della loro musica. Tra canzoni inedite, in uscita il prossimo autunno, e singoli cantati con la partecipazione unanime del pubblico – Lamiera e il suo sfogo viscerale «io sono il mare» – la band dimostra che il potere della malinconia e dei momenti bui è quello di rendere le persone più coscienti, in meditato ascolto verso il mondo interno e quello esterno. Primavera è a tutti gli effetti la hit di questa nuova era e Claudio la dedica «a chi ti supporta nei momenti più bui, quando sei da raccogliere col cucchiaino». La versione dal vivo coniuga perfettamente il passato e il futuro della loro musica, in perfetta armonia con il nuovo stile grafico – il merch degli Atlante è da sempre una chicca da collezionare –.
Prima ancora che i nostri eroi siano scesi dal palco, il pubblico richiama ad alta voce il bis con la più bella delle minacce: «Se non metti l’ultima, noi non ce ne andiamo!». E l’ultima è proprio Diciannove, che si conclude con un liberatorio pogo partecipato. Per tornare nuovamente diciannovenni e dimenticarsi per un attimo del peso del mondo sulle nostre spalle.