L’inedita coppia Bonizio-Ventrella ha da poco pubblicato Libellula, un disco che – oltrepassato il granitico orizzonte hardcore – rivela l’impervio confronto con la canzone d’autore restando fedele alla lezione di vita dell’autoproduzione che non è solo attitudine ma anche voce di una comunità
Luigi “Gigio” Bonizio e Alberto Ventrella non avrebbero bisogno di troppe presentazioni. Ma nel caso qualcuno là fuori non ne avesse mai sentito parlare, non li avesse ancora incrociati per strada o non ci avesse sbattuto contro all’interno di un angusto spazio occupato, deve sapere che a tenerli uniti c’è un filo invisibile che varca due decenni di storia dell’hardcore punk in salsa italiana fatta di sudore e passione. Alberto custodisce nel proprio DNA la memoria dell’esperienza del Virus di Milano e i pioneristici tour in van per l’Europa con i compagni di viaggio Gianpiero Capra e Sergio Milani che completavano la leggendaria line up dei Kina, rigorosamente from Aosta. Il sangue di Gigio distilla la linfa del né centro né sociale né squat El Paso di Torino che lo ha reso protagonista di diverse incarnazioni musicali avvicendatesi nel tempo quali Church Of Violence (C.O.V), Arturo, Via Luminosa e Totò Zingaro.
Della parabola del Virus chi non sa ne può leggere bene nell’autobiografico Costretti a sanguinare di Marco Philopat, ristampato negli anni proprio dalla sua casa editrice Agenzia X, mentre le vicende di El Paso vivono e lottano nel mondo delle sotterranee autoproduzioni e sono raccontate come storia orale dai mitologici concerti di band come Fugazi, Offspring, Nofx o Mano Negra ospitati proprio nei locali di Via Passo Buole.
Oggi. Estate 2025. I Bellicosi intrattengono un pubblico in visibilio per la loro data unica di reunion ospitata all’interno della quinta edizione del Motorcity Summer Fest di Eugy e i suoi Bull Brigade. La location è un altro luogo simbolo della musica e dell’antagonismo cittadino: lo spazio Spazio211 di Via Cigna.
Mentre il gruppo di Sabino Pace fa scricchiolare le assi del palco, a lato un capannello di persone si muove vivace attorno ad un tavolo di lavoro transennato dove i protagonisti sono altri: Michele Rech alias Zerocalcalcare, il cantante dei The Billows che è anche a capo della Motorcity Graphic e Gigio Bonizio. Quest’ultimo, nonostante da tempo vanti uno stile grafico riconoscibile nelle produzioni in città, non sembra prendersi troppo sul serio e in più di un’occasione, con il sorriso ben stampato in faccia, sembra dedicarsi più al cazzeggio col pubblico che sta assistendo al work in progress che al lavoro.
Mentre l’aria inizia a farsi meno respirabile anche dalle parti di Zerocalcare, immerso nel pubblico colgo uno sguardo familiare che finisce col catturare tutta la mia attenzione: «Sei Alberto, dei Kina, vero?», domando, «Sì», risponde con lo stupore di chi fino ad un attimo prima voleva godersi la festa coperto dall’anonimato. Finiamo invece col parlare del film documentario Se ho vinto, se ho perso, di Berlino, di Kreuzberg e anche di un nuovo progetto che mi promette vedrà la luce da lì a pochi mesi.
Autunno 2025. Venerdì 28 novembre. In vinile nero stampato in sole 300 copie numerate esce Libellula e porta la firma di un duo: Bonizio-Ventrella. «Allora era vero!» penso, poco prima di buttarmi nell’ascolto su Bandcamp. «Ali di libellula, desideri che fanno da gabbia e nell’attesa diradarsi…»: l’incipit è poetico e allo stesso tempo melodico, capace di spiazzare l’ascoltatore. Stranisce la leggerezza che attraversa l’ugola scartavetrata di Luigi Bonizio che va posandosi anche sulle dita di Alberto Ventrella, cauto nel pizzicare l’acustica accompagnata solo in alcuni momenti dal suono di un theremin. Il passaggio alla seconda traccia, Satellite, conferma l’atmosfera che pervade la costruzione dei pezzi: qui lo scheletro della canzone poggia sul complice giro di un contrabbasso incalzato dalle percussioni che accompagnano la cinque corde.
Libellula è un disco che nasce sotto il cielo dell’autoproduzione. Sarebbe meglio parlare di co-produzione visto l’apporto alla stampa del vinile dato da Stella Nera, il negozio di dischi Rubber Soul e Troppa Carne Al Fuoco Records. Ma in quanto a scrittura, suono e mixaggio – questo a cura del buon Tino Paratore, alla batteria nei già citati C.O.V – manda un messaggio forte e chiaro al mondo: l’esperienza e la passione non sono merci che si possono comprare!
Passata la furia degli anni giovanili della via italiana all’hardcore, Bonizio e Ventrella hanno trovato insieme una perfetta sintesi che, in continuità con un’attitudine DIY, li vede evolvere in modo naturale all’interno del mondo della canzone d’autore che, a dispetto del genere, è in grado di parlare se non ad una scena musicale in senso stretto, almeno ad una comunità di appassionati di musica viva e vegeta ancora libera di muoversi nei sotterranei dell’underground.
Ed è proprio da questo universo che il duo è capace di raccogliere amici, soprattutto musicisti, capaci di alternarsi nell’esecuzione delle otto tracce che compongono Libellula: Lorenzo Giorda aka Lord Theremin, Ivan Appino al contrabbasso, Cristiano Lo Mele al mandolino e glockenspiel, Stefano Danusso alla chitarra elettrica, Davide Meloni al piano, Marco Giovinazzo alle percussioni e Marco Mina all’armonica a bocca. Questi i nomi che aiutano a spostare radicalmente l’asse sonoro del duo, dall’elettricità nervosa delle esperienze passate di C.O.V e Kina a sonorità che richiamano il morbido andamento acustico e di folk autorale di artisti o band come Badly Drawn Boy, Elliott Smith, Belle and Sebastian o Kings Of Convenience.
Magari sbaglierò le coordinate musicali, ma un consiglio per il giusto ascolto del disco mi sento di lasciarlo: cercatevi un bel posto isolato tra Aosta e Torino, sedete comodi su una poltrona al riparo degli eventi, protetti dalle sole quattro mura di pietra e con sopra la testa un bel tetto in ardesia. Mettete sul piatto Libellula e lasciatevi trasportare dal suo profumo di resina e foglie secche, è quasi inverno ed anche i punk rocker hanno bisogno di essere scaldati a dovere.
P.S. I miei 90 minuti di applausi li dedico alla musica e al testo della canzone ’68 «…sei stata tu il mio ’68 con i fumogeni su case di ringhiera / di timori / coraggio / gettati tra le fiamme / che si ravvivano solo per noi / solo per noi».

