Il Teatro Juvarra di Torino ha ospitato la quinta edizione della Torino Soul Night, due serate di musica di alto livello con la partecipazione di tantissimi artisti che si sono esibiti, senza soluzione di continuità, nel nome della musica black
Per avere un’idea di cosa sia la Torino Soul Night basta un’immagine, l’ultimo frame della serata finale. In primo piano, al centro della scena, Samuele Samoo Spallitta, direttore artistico e deus ex machina dell’evento, sta cantando Love and Happiness di Al Green, circondato da tutto il roster degli artisti che si sono avvicendati sul palco del Teatro Juvarra di Torino, location raccolta e raffinata. Al momento della presentazione dell’orchestra, tutti i cantanti si sono abbassati e poi letteralmente inginocchiati, in modo da lasciare spazio visivo e consentire ai dieci musicisti di ricevere il doveroso omaggio del pubblico, dopo quasi tre ore di lavoro ininterrotto.
Love and Happiness, amore e felicità. Probabilmente la sintesi perfetta, il manifesto della Torino Soul Night, giunta alla sua quinta edizione. Amore per la musica, meglio ancora se intrisa di profondità, fascino e trasporto, elementi peculiari della black music. Felicità per il piacere di stare insieme, musicisti e pubblico, condividere una passione, aiutarsi a vicenda, accantonare ogni briciola di quell’autoreferenzialità che spesso accompagna gli artisti.
Questa quinta edizione ha evidenziato un’ulteriore passo in avanti dal punto di vista organizzativo e della resa finale del prodotto. Il team di lavoro assemblato da Samuele Spallitta, coadiuvato dalla produzione di Michele Francica e del collettivo Sberdia Live, ha restituito al pubblico un format agile e snello, in cui gli artisti si avvicendano senza soluzione di continuità, con cambi palco rapidissimi, pressoché impercettibili. Un paio di brani ciascuno e via, avanti un altro. Il tutto, coordinato abilmente dai due presentatori speciali di questa edizione: Desirée Diouf, straordinaria interprete soul nativa di Cuneo ma di adozione iberica, dato che ormai vive e si esibisce in Spagna, e Ginho, rapper, MC e freestyler molto attivo sulla scena torinese, che ha curato la sigla di apertura della manifestazione, scaldando il pubblico con le sue barre in Feel Right.
Come primo atto della serata, vera dichiarazione d’intenti, una delicatissima versione unplugged di Don’t Give Up On Me di Solomon Burke, con Samoo alla voce e Christian Zambaia alla chitarra. A seguire, Desirée Diouf ha dato il via al leitmotiv della manifestazione, ovvero il coinvolgimento attivo del pubblico, chiamato a tenere il tempo con lo schiocco delle dita durante la sua How To Be Alone in voce e piano.
Agnese Spallitta, grintosa e impeccabile, ha aperto le esibizioni degli ospiti con Lose Control di Teddy Swims, seguita da Francesca English e Tom Newton, che hanno fuso l’anima country di Chris Stapleton con la regalità black di Etta James in un’interessantissima versione di Tennessee Whiskey. Con Ain’t No Way di Aretha Franklin, la salentina Chiara Corallo ha regalato una lectio magistralis di intonazione, potenza ed estensione vocale, arrivando al tripudio con il finale eseguito a cappella.
L’ingresso di Brownie, un habitué della Torino Soul Night, ha riportato il pubblico a ballare e saltare con Hercules, mentre la milanese Naima Faraò lo ha entusiasmato con un viaggio tra il jazz contemporaneo, il soul e il rhythm and blues, per poi lasciare spazio al momento più romantico della serata, il duetto di Emanuele Faretra e Ima. Immaginate: le note di A Song For You di Leon Russell, due voci pazzesche e affiatate, un ballo di coppia sull’assolo e un bacio finale a sugellare il tutto.
Il compito di tirare la volata ai super ospiti in chiusura è stato magistralmente eseguito dalla poderosa voce di Didie Caria, istituzione sabauda nel panorama black, e dall’istrionico Andrea Ciucchetti, che si è presentato con un’eccentrica tunica blu e gialla per poi farsi bendare sul palco prima di eseguire Make Me Blind, definita “canzone contro la chiesa catodica”. Gag a parte, l’artista torinese ha tirato fuori una prestazione di grande livello tecnico.
Comincia sulle note di Demone il mini live di Davide Shorty, che inaugura la parentesi sodale tra rap e soul proseguita da Tormento e Willie Peyote. Il rapper palermitano ha poi concesso ai suoi fan un tuffo nel passato con Sentirò, uno dei suoi primi successi risalenti al 2017, evidentemente ancora ben presente nei cuori e nelle corde vocali del pubblico, che ha cantato compatto come un coro gospel l’intero ritornello. A proposito di viaggi nel passato, grande emozione per Tormento e la sua Mastroianni, storico pezzo dei Sottotono.
Nemmeno il tempo di rifiatare, ecco comparire l’ultimo dei big, Willie Peyote, la cui presenza è stata svelata solamente poche ore prima dell’evento. Il rapper torinese ha presentato Piani, ultimo singolo uscito poche settimane fa e intriso di sonorità soul, quindi perfettamente in tema con una manifestazione cui ha voluto fortemente partecipare perché – come ha dichiarato a noi di Polvere nel post evento – «è molto bello quando si organizzano manifestazioni di questa rilevanza artistica e di questa qualità, soprattutto quando lo si fa a Torino».
In dirittura d’arrivo, arriva la scarica di energia definitiva di Wena, già corista di Ghemon e fresca di pubblicazione di Back To You, il suo primo album da solista. Con How Come You Don’t Call Me e Feelin’ Alright, l’orgoglio del soul campano ha imbandito una golosa tavola dance sulla quale Mazaratee si è trovato perfettamente a suo agio. Completo rosso doppiopetto, il figlio d’arte (la mamma è Patricia Lowe, cantante jazz londinese, suo padre è Paolo Serazzi, cantautore e compositore per la tv) ha mescolato Wilson Pickett e Elvis Presley in un medley stimolante, impreziosito dal solo di tromba fronte palco e strappa applausi di Stefano Cocon.
Del finale corale abbiamo già detto in apertura, quindi spazio alle emozioni dei protagonisti. «La sensazione che mi porterò dentro a lungo è il potere che può avere una squadra – confessa ancora adrenalinica una raggiante Desirée Diouf –, la capacità di creare qualcosa di unico dall’unione di artisti, esseri umani, cuori. È la seconda volta che partecipo alla Torino Soul Night e la costante che ho ritrovato è la straordinaria qualità umana, prima ancora che artistica, delle persone coinvolte. Quando è così, è davvero tutto più semplice e piacevole».
L’altro conduttore della serata, il rapper Ginho, spende invece parole di elogio per l’organizzazione: «La Torino Soul Night ha l’obiettivo di diffondere la cultura soul e la musica black in contesti culturali dove, purtroppo, ancora non riesce a trovare spazio. Un plauso va fatto a Samuele Spallitta, che ha creduto fortemente in me e ha organizzato il tutto in maniera impeccabile e con grande lungimiranza artistica nel selezionare e mixare artisti di livello internazionale con emergenti di grande valore».
Chiamato in causa, l’ultima parola spetta proprio al direttore artistico Samuele Samoo Spallitta: «Questa quinta edizione è andata benissimo, probabilmente la più appassionante di tutte. È stato molto bello vedere artisti grandi e piccoli unirsi e fare squadra, sul palco come nel backstage, fino a creare una sorta di famiglia artistica che si sostiene a vicenda per creare qualcosa di molto bello per il pubblico. La nostra missione è quella di celebrare la black music con amici, fratelli, artisti e tutta la gente che mi vuole bene e, finché ci sarà questa comunione d’intenti, andremo avanti ancora a lungo». Idee per la sesta edizione? «Ci sto già pensando da tempo, servono molte cose, tra cui qualche sponsor in più, ma l’idea di massima è trasformare la Torino Soul Night in una grande rassegna di più giornate e con ancora più artisti».
Non lo abbiamo fatto in precedenza, ma è doveroso fare un plauso all’orchestra, composta da musicisti di grande livello, che ha accompagnato tutti gli artisti durante le due serate: Stefano Petrini (batteria), Carla Azzano (percussioni), Stefano Cocon (tromba), Paolo Parpaglione (sax), Enrico Allavena (trombone), Paul Zogno (basso), Damir Nejat (chitarra), Francesco Roletti (tastiere), Giulia Fossat e Clara Musso (cori).
Foto di Emanuela Trossero