Niente call di lavoro per oggi: M¥SS KETA si è precipitata con la sua Fiat Punto rossa nei nostri uffici, per tramandare il verbo e il suono inconfondibile della nostra misera quotidianità
Aziendale? Sofisticata? Sensuale? Sono tre, ma potrebbero essere cento e più gli aggettivi per descriverla. La maschera d’altronde ha questo potere: quando ti sembra di averla decifrata, lei cambia sembianze, e il gioco ricomincia. Abituata a una società che quella maschera vuole strappargliela di dosso per omologarla, M¥SS KETA ci serve il brutto e il perturbante (riposa in pace David Lynch) di questo mondo, ma soprattutto di lei stessa. Lo capiamo dal titolo del suo nuovo album: . è un carattere estremo che fugge dalla ricerca algoritmica, che spesso chiude i dialoghi; un segno che nel mezzo della frase crea delle spaccature, dei vuoti. Ma è anche un punto di vista unico, senza fronzoli, senza feat (quasi). Tutto sembra deciso per allontanarci: forse solo i pochi sapranno cogliere l’arte.
L’approccio alla produzione musicale insieme al suo fidato Stefano Riva sembra provenire dallo stomaco, per come le tracce si susseguono e cambiano in pochi secondi. L’artista sembra slegarsi da una ricerca della mission e vision, per legarsi a una ricerca dentro di sé. Le sonorità lugubri e non facili al primo ascolto rispondono al cosiddetto gut feeling appena citato, su cui pochi artisti hanno la fortuna di lavorare. A risvegliare la creatività sono le fonti letterarie e cinematografiche di cui M¥SS KETA si è sempre servita per arricchire il suo ricettacolo. . perciò non attinge a un particolare universo, come lo era stato per Paprika (2019) o Club Topperia (2022), ma trasuda di sensibilità musicale libera e semplice. A suggerircelo i colori (rosso, predominante nei costumi dell’artista) e le forme (La Fiat Punto non è una Lamborghini, ma un’utilitaria alla portata di tutti) della cover album.
L’intro lirica ed epica di Lei mette in chiaro una cosa: non siamo qui per i consensi. Questo è un album-film, un POV personale di una signora vorace di sapere e di conoscere i segreti del Bel Paese, ma anche di un personaggio sorrentiniano che vaga tra amore e vendetta, tra pace e guerra. Non si fanno complimenti, insomma. Les Misérables è un inno francesino sulle disgrazie del nostro tempo, dei social, dell’elemosina digitale e della caduta degli dei: gli influencers. Torna il fascino della tedesca con Cafonal, una traccia incastonata tra le Alpi svizzere che collega la german pop all’italo disco degli anni Ottanta. Decadenza politica e gossip la fanno da padrone: con una penna sottilissima e astuta, M¥SS KETA smembra la destra e la sinistra italiana, senza mai cadere nell’offesa.
È fiera di essere carnale e mangiona in Vogliono Essere Me, una lady travestita da buffet: l’artista e la sua arte impacchettati e divorati dallo showbiz, uniti in questo amplesso dove sembrano godere solo i commensali. Divorziata ricorda l’oscurità sonora e i bassi di Botox, condividendone l’immagine, o meglio la realness, di una donna che vede l’amore come parte del gioco della vita, e non come la vita stessa. Non mi viene difficile immaginare Ilary Blasi di ritorno da un caffè tra amiche con la traccia in sottofondo.
L’album si tinge di rock quasi spicciolo con Nevrotika, una traccia che lascia il tempo che trova, mentre Pegaso sussurra alle orecchie della comunità queer parole dolci infuse di amore e indipendenza, rimandando molto alle sonorità del suo precedente Il Cielo non è un limite (2020). Arrivata a metà album, la paura di una ripetizione del primo atto lascia spazio alla sorpresa: It Girl è la sorella gemella italiana della Brat Girl di Charlie XCX, molto più house alla Milano, Sushi e Coca. Sorvoliamo su 160BPM che è una hit radio perfetta, dai significati più criptici ma che musicalmente non aggiunge molto. Non si può dire lo stesso però di Vendetta e Stronza con Vista, ambedue minimali e malinconiche: la prima, bassi oscuri che ricordano Darkseid di Grimes e che ospita il duetto con Vera Gemma; la seconda una drill house personale, quasi no melody, su cui M¥SS rappa chiudendo con leggerezza questo quarto lavoro in studio.
. dura fin troppo poco, dando l’impressione che l’album potesse continuare per altre cinque tracce (esiste una versione prolungata con altre due bonus track). Il disco però rasenta la perfezione proprio per il controllo numerico sui pezzi, che fuggono la ripetizione e che si vestono di un abito diverso e speciale.
. è uno scrolling di immagini potente senza l’effetto dopamina dei social: nonostante l’approccio brutale, riscalda e risveglia i nostri cuori agitati.