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Happenings dei Kasabian, cosa è andato storto?

L’ottavo album in studio dei Kasabian è senza pretese e senza sorprese: un ritorno insipido di canzonette riempitive che non trasmettono nulla


È dai tempi di For Crying Out Loud (2016) che la zattera su cui poggiavano i Kasabian aveva cominciato ad affondare. La separazione del duo Sergio Pizzorno/Tom Meighan è stata la crepa che ha curvato il legno della barca, causando l’inevitabile sprofondamento nel mainstream. Per i nuovi arrivati, Happenings può far sembrare che la band di Leicester sia riuscita nell’impresa di agganciare il passato (rock, indie) con il futuro (clubbing, house); per gli intenditori invece, l’ottavo album in studio è una ripetizione del passato: un dolce pasticcio pop-disco, dai ritornelli facili e dalle idee troppo corte.

Con Darkest Lullaby il messaggio è chiaro: Happenings è un cambio di rotta – com’è giusto che sia quando si cambia personale – che mette all’angolo l’indie rock caratteristico dei primi anni, per evidenziare suoni e colori molto simili a quelli di una pista da ballo. Darkest Lullaby è una delle poche tracce accettabili, nonostante la bassline scadente faccia sperare in congetture migliori. E invece no.

Coming Back to Me Good fa del coro super facile «ready or not» il suo ritornello, imitando una qualsiasi base groovy anni ’80. Call e Hell of It rompono il ghiaccio con quel pop-rock ritrito come Rush! dei Måneskin, per poi chiudere in coda con la peggior base tamarra dance/house. La Britney Spears di Work Bitch avrebbe fatto di meglio. Non mi esprimerò sui testi, quasi assenti e privi di significato. Solo G.O.A.T si permette di fare una critica ai personaggi illustri dello sport, protagonisti dei nostri reel pseudo-motivazionali. Resta comunque una cantilena banalotta, perfetta da suonare a cappella per impressionare i vostri amici in spiaggia. Bird in a Cage e Italian Horror: quest’ultima fa sperare in qualche omaggio a Nino Rota e Raffaella Carrà, ma è semplicemente la discografia pop degli Arctic Monkeys, rielaborata da un’intelligenza artificiale.

Algorithms chiude l’opera, rasentando il filo dell’ipocrisia: una frase del testo cita le differenze tra il mondo umano e quello delle macchine, incapaci di esprimere emozioni. Fa ridere pensare che la classica paranoia dickiana faccia parte del repertorio di Happenings, un lavoro mediocre che avrebbe potuto fare anche l’AI Suno. I coretti da stadio e gli Oasis sono i due prompt su cui si basa la canzone.

In tutto questo ambaradan di informazioni musicali, chi sono i Kasabian oggi? Viene automatico pensare che l’uscita di Meighan per la condanna a violenza domestica ai danni della compagna nel 2020 abbia contribuito alla presa di controllo totale da parte di Pizzorno. E’ noto ai più che il progetto solista synth-pop-dance di Sergio, The S.L.P., abbia inglobato anche i Kasabian, a tal punto da rendere i due repertori indistinguibili.

Ma il problema del nuovo album è il metodo: i Kasabian sembrano maneggiare una materia a loro sconosciuta, vaporizzando all’istante capolavori come Fire o Empire. Sembra tutto un grande scherzo: un delirio di idee incontrollate che non hanno saputo adeguarsi all’identità della band.

Ho sempre supportato le sperimentazioni musicali. Reinventarsi credo sia fondamentale per potersi barcamenare nell’industria attuale. Tuttavia, le reincarnazioni musicali chiedono studio e dedizione. Happenings non ha niente a che vedere con tutto questo. 

Marika Tassone

25 anni (non proprio) di libri, film e musica metal. Scrivo tante cose e lavoro per il cinema.

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