Il Sogno Americano – ma di stampo orgogliosamente italiano – di Diss Gacha si realizza con un album stiloso, ma anche intimo, in cui parole, slang, versi nuovi e sporche fantasiose si mescolano al sound fresco del producer Sala, che insieme al rapper di Avigliana non intende seguire la moda, ma crearla
Direttamente dal torinese, Diss Gacha, all’anagrafe Gabriele Pastero, si è dimostrato nel corso dell’ultimo anno e mezzo uno degli artisti più interessanti del panorama rap/urban. Classe 2001, la sua carriera si fonda sul concetto di Cultura: Cultura che gli permette di usare sapientemente quel suono internazionale d’oltreoceano senza riciclare e spersonalizzarsi. Con un’idea ben chiara in testa su che tipo di artista essere nel game italiano, il suo nuovo album Cultura Italiana Pt.1 è un progetto maturo e consapevole.
Le otto tracce, interamente prodotte da Sala – braccio destro e seconda mentre creativa dietro l’intero lavoro sullo stile del rapper –, scorrono lisce, perché fresche nel sound, che fonde old e new school senza forzature di alcun tipo. I beats sono spesso composti da voci gospel registrate live, come in Intro + Coro– che sembra un’evoluzione di Gabbana x3, traccia contenuta nel precedente EP Cultura, uscito nel 2023 –, collegato alla successiva 4Sheesh da delle voci infantili che ripetono «I-TA-LIA», come a voler sottolineare l’attaccamento del rapper al suo territorio nonostante l’evidente influenza americana, sottolineata in tutti i suoi ultimi videoclip e in particolare in quello del primo singolo +++!, girato a Los Angeles. In Mai! c’è una barra che dice: «ho un concetto di stile italiano che è nettamente al di fuori dell’Italia». È esattamente così che si potrebbe descrivere l’attitudine di Diss Gacha in poche parole.
Opera è una delle tracce più interessanti. Il Romeo and Juliet Op.64 di Prokofiev è il sample su cui Sala, in collaborazione con Greg Willen, stende il beat e permette a Gacha di giocare e divertirsi con Rosa Chemical in un continuo scambio di giochi di parole, autocitazioni e intrecci lirici spassosi. Gli stili dei due rapper piemontesi sono perfetti insieme. Da immaginarsi un joint album.
Il featuring dal taglio più esplicitamente internazionale è quello con Wiz Khalifa in Mississippi Drive, la traccia più hip-hop di tutte, west coast fino al midollo: piano alla Still D.R.E., voci femminili ammiccanti e un ritornello che entra in testa al primo ascolto perché semplice e d’impatto, o probabilmente perché, come direbbe lo stesso Gacha, troppo swag.
Cultura Italiana Pt.1 si dimostra un lavoro completo anche e soprattutto per la presenza di tracce più intime quali Spirito Puro, in collaborazione con Izi e Vegas Jones – il cui climax emotivo creato dalle liriche dei tre artisti che si fondono col beat mezzo trap mezzo gospel permette all’ascoltatore di empatizzare con le loro storie – e 2 Minuti e 10, che chiude il disco, in cui Gacha si mette a nudo e torna a essere Gabriele. Niente cassa e rullante, nessuna batteria di alcun genere. Niente headbanging su una lowrider. Solo una chitarra dalle sfumature chill e un ragazzo che si confessa.
Con quest’album Diss Gacha si conferma come uno dei rapper più riconoscibili della scena. In questo momento capace come pochi di crearsi uno stile che è più un mondo: un immaginario in cui chi ci entra non ne esce più perché contagiato dalla singolarità dei suoi elementi. Nel suo caso parliamo di un personale lessico, di un’estetica ben delineata e in generale di una visione che sa di cult, come un film imperfetto che resta nella memoria dello spettatore. Così tante influenze da dare come risultato uno stile personale. Più americano? Più italiano? Più italo-americano? Poco importa. Ascoltare Cultura Italiana Pt.1 è un piacere. Intrattiene, diverte e dura il giusto perché lo si possa godere dall’inizio alla fine senza annoiarsi.