Riprendendo i discorsi da dove li aveva lasciati nove anni fa con In Colour, Jamie XX nel suo nuovo album In Waves ci conduce attraverso il riassunto di una notte fatta di bassi profondi, amore per la pista e condivisione; dove il suono parla di status personali, scena estesa e intenzioni estetiche
Durante la seconda metà degli anni ’10 la musica britannica è passata attraverso una fase che forse – complice anche la vicinanza storica – diamo troppo spesso per scontata. Mi riferisco a quell’ondata di band, progetti, artiste e artisti che hanno gravitato intorno a XL Recordings e, più nello specifico, all’allora sussidiaria Young (all’epoca Young Turks), che ha raccolto l’eredità indietronica di qualche anno prima approcciandola a contesti in cui la componente elettronica andava a farsi sempre più spinta, con uno specifico riferimento all’eredità nazionale. Una scena che oggi ha ancora una notevole rilevanza anche grazie ai progetti adiacenti che continuano a nascere e che, pur diramandosi in tantissime direzioni, sono riconducibili a intenzioni simili. In quasi quindici anni di esistenza, però, c’è sempre stato un padrino di riferimento: Jamie XX.
Partiamo da un assunto forte ma necessario: senza Jamie XX – e la sua band The XX prima ancora dei progetti solisti –, probabilmente questa scena neanche esisterebbe. L’impatto che ha avuto come produttore e dj è sotto gli occhi dell’opinione pubblica e piuttosto innegabile. Viene da sé che un suo nuovo album – a nove anni di distanza dal seminale e definitivo In Colour, capace di segnare un enorme prima e dopo che ha validità ancora oggi – non può non essere accolto con trepidazione. Specialmente se il nostro, nonostante un’intensa attività sui palchi di tutto il mondo, si è sempre dimostrato parco nel rilasciare nuovo materiale sotto la sua firma: qualche (bellissimo e suonatissimo) singolo ha iniziato a fare capolino sporadicamente dal 2020, ma per un nuovo lavoro completo il suo pubblico aveva quasi perso le speranze.
Questo fino al 20 settembre di quest’anno, data di rilascio ufficiale di In Waves: secondo album solista di James Thomas Smith, vero nome di Jamie XX. Un disco che sulla carta, attraverso i singoli promozionali, sembra riprendere i discorsi dal punto in cui l’artista li aveva lasciati nel suo lavoro precedente, con la consapevolezza del tempo trascorso e delle canzoni che ha creato e rilasciato nel frattempo. Ci si aspettava un disco dalla forte anima dancefloor e con una specifica connotazione britannica: c’è chi questa parte della scena la chiama future garage, facendo convergere la tradizione 2 step dell’isola con uno sguardo più contaminato, futurista, emotivo e passionale. Un’attenzione polarizzatissima, forte anche del fatto che il genere (come tutta la UK bass music) ha recentemente incontrato una nuova spinta di interesse anche grazie a progetti che a Jamie XX devono tantissimo, come Nia Archives, Bicep e Overmono. Il nuovo lavoro dell’artista – universalmente riconosciuto come il punto di riferimento di un nuovo modo di fare musica da ballo – si presenta allora come un momento quasi sacro, avvolto da una potenza referenziale assoluta.
Vi chiederete perché dedicare un così ampio preambolo al contesto, anziché dedicarci subito al contenuto di quest’ultimo lavoro. La risposta è semplice: perché quest’album riflette esattamente il suo contesto. L’artista raccoglie quanto è stato seminato, non solo da lui stesso ma dall’intera ondata che la sua influenza ha generato, proseguendo il sui percorso nell’esatto punto in cui lo aveva interrotto. I suoni che Jamie XX mette sul piatto sono un luogo sicuro, caldo e accogliente come il vostro club preferito, dove andate perché sapete che troverete le persone giuste, l’atmosfera ideale e soprattutto il suono che sapete vi fa stare bene. Le dodici tracce del disco condensano in quarantacinque minuti lo spazio di una notte intera, una progressione di suono in cui il musicista ci accompagna dolcemente per raccontarci ciò che già sappiamo, ma anche tante cose nuove. I break spezzati e l’eredità rave si alternano alle progressioni dilatate, ariose e sognanti che ci si aspettava dal suo autore, il tutto arricchito dalla solita lista abbondante di collaborazioni vocali. A tal proposito, non nego il sussulto che ho avuto nel sentire di nuovo i tre The XX insieme in un brano che è anche il mio highlight assoluto del disco, Waited all Night.
Badate bene, però: In Waves non è una ripetizione 1:1 di In Colour, ma piuttosto un vero e proprio seguito che ha nel nome la sua specifica chiave di lettura. Se, infatti, il predecessore si distingueva per una varietà cromatica – definita anche nell’iconica copertina – che legava tra loro differenti toni e approcci sonori; In Waves ci conduce invece in un sinuoso viaggio all’interno di una specifica onda, ovviamente a bassa frequenza, com’è legittimo aspettarsi. Si tratta allora di un’ulteriore esplorazione delle medesime modalità, di un movimento curvilineo che però prosegue sempre nella stessa direzione. Un nuovo modo di intendere quello che Jamie XX aveva già fatto, forse meno eclettico ma altrettanto convincente e funzionale. Una nuova direzione, che viene anche questa volta suggerita dall’immagine di copertina: un sinuoso mescolarsi di bianco e nero attraverso effetti ottici che portano a una sensazione di movimento. Come le onde stampate sul disco, esso si muove con chi lo ascolta verso un punto specifico.
Per concludere: In Waves è il ritorno ufficiale di Jamie XX che – detto molto schiettamente – ci si aspettava. Non perché ribadisce quanto già fatto dall’artista, né perché prevedibile; al contrario: perché il lavoro fatto fino ad ora ha messo delle basi così solide che era inevitabile trovarsi di fronte a questo disco. Un viaggio nella notte fatto di condivisione, basse frequenze e qualche abbraccio confortevole, per ricordarci che la vulnerabilità sul dancefloor non è mai una sconfitta.